(AGENPARL) – Roma, 14 ottobre 2020 – Et lux fuit – Prima puntata
In principio era il Verbo.
La Parola si incarnò e diede voce e, soprattutto, pensiero anche a quell’essere straordinario chiamato Uomo.
Poi esplose il diluvio: piogge torrenziali copiose e minacciose si riversarono dentro le aule di antichi edifici e trascinarono nella loro velocissima corsa una incredibile quantità di fogli incrostati da pitture e da scritti sconosciuti.
I sopravvissuti, i Resilienti, così li classificarono gli studiosi delle ere geologiche, cominciarono ad organizzarsi in piccoli ma forti gruppi di colonizzatori che, seguendo il ciclo delle stagioni, non più il suono magico di un piccolo cappello bronzeo a falde larghe rovesciato (come la loro memoria ricordava, per scandire il tempo dedicato alle pubbliche letture ed all’esercizio silenzioso della scrittura), si muovevano in lungo ed in largo, con respiri affannosi, attraverso cunicoli simili a corridoi, pur di stringere contatti con i loro simili.
Tra questi gruppi, secondo lo scavo stratigrafico e l’esame dei resti di esseri viventi eseguiti dall’équipe del prof. Neal Scio, si distinse il PIA (personal intelligence amazing), che aveva organizzato battute di caccia contro il PAI (people against intelligence). Sembra che al PAI potessero partecipare fino ad un massimo di 28 giovanissimi atleti che, nutriti di Rockcorn e di Poptok, assediassero alcune postazioni note come Zotem e Teazom. La lotta fu estenuante, considerata la rapidità con la quale la selvaggina ossuta e carca nella sua magrezza cominciò a nascondersi, gridando:“Eia Eia Eia A. Nessun cervello rimarrà”.
Il PIA, invece, riconoscibili i loro corpi grassi e pesanti, sembra avesse scelto come quartier generale una piazzaforte dal nome esotico: la casa del nespolo. Qui, ripulendo ossi di seppia e riempiendosi la bocca di madeleine, consumava le sue giornate, dondolandosi come per una strana allegria di naufragi, in attesa di scovare un movimento, seppur lieve, che rivelasse loro i nascondigli del PAI.