(AGENPARL) – Roma, 04 maggio 2020 – In un primo momento sembra uno dei tanti di videoclip che circolano su Internet, solo che questa volta è leggermente diverso.
Si intitola «Once Upon a Virus» e rappresenta in maniera ironica con dialoghi sarcastici tra la Cina, rappresentati da un guerriero di terracotta con un voce bassa e maschile – e gli Stati Uniti, rappresentati da una statua della libertà con una voce alta e stridente.
«Abbiamo scoperto un nuovo virus», dice il guerriero di terracotta.
«E allora?» dice la Statua della Libertà.
«È pericoloso», dice il guerriero. «È solo un’influenza», dice la Statua della Libertà.
«Indossa una maschera», dice il guerriero. «Non indossare la maschera», dice la Statua della Libertà.
«Resta a casa», dice il guerriero. «Sta violando i diritti umani», dice la Statua della Libertà.
Il dialogo continua così: «Andrà via in aprile», dice la Statua della Libertà ad un certo punto, fino a quando, infine, termina con la statua su una flebo endovenosa che fa dichiarazioni selvagge e contraddittorie mentre il guerriero la prende in giro.
Anche se sembra una produzione amatoriale di uno dei tanti annoiati per le restrizioni a casa, non lo è.
Il video è stato pubblicato il 30 aprile da Xinhua, l’agenzia di stampa ufficiale cinese.
Da allora è stato promosso da diplomatici cinesi e visto da oltre 1,6 milioni di persone in tutto il mondo.
È stato anche deriso e denunciato come una rozza propaganda, cosa che effettivamente è.
Una rozza propaganda che hanno fatto i leader cinesi, sia in patria che all’estero, da quando è iniziata la pandemia.
E’ chiaro che affinché qualsiasi tipo di propaganda – anche la più ovvia e la più spudorata – possa o meno funzionare non dipende dal fatto che le persone credono necessariamente che sia vero quello che viene propagandato, ma perché temono il potere delle persone che lo hanno prodotto.
La propaganda funziona ancora meglio se non ci sono messaggi in competizione o quando i messaggi alternativi disponibili non ispirano molta fiducia.
Dalla metà di marzo, la Cina ha inviato messaggi proprio in questa direzione, cioè in un mondo che è stato profondamente cambiato non solo dal virus è stata effettuata un’opera costante di delegittimazione nei confronti del presidente degli Usa, Donald Trump che ha messo in ridicolo l’operato dell’amministrazione americana.
Le citazioni della sorprendente conferenza stampa del 23 aprile del presidente sono apparse in tutti i continenti, attraverso innumerevoli canali televisivi, stazioni radio, riviste e siti Web, in centinaia di migliaia di varianti e decine di lingue, spesso accompagnate da avvertimenti, nel caso in cui qualcuno fosse ingannato, di non bere disinfettante o candeggina. Basta prendere le prime pagine dei maggiori quotidiani internazionali per farsi un’idea degli articoli che sbeffeggiavano Trump.
I commenti sul «disinfettante» – e le risate che sono seguiti – segnano non tanto un punto di svolta quanto un punto di accelerazione a quanto pare inarrestabile.
Anche se siamo ancora a poche settimane da questa pandemia, sebbene la vera portata della crisi sanitaria e della catastrofe economica sia ancora sconosciuta, il profilo di un mondo post-americano e post-coronavirus sta già prendendo forma.
È un mondo in cui le opinioni americane contano meno, mentre le opinioni dei rivali americani contano di più.
E questo cambierà le dinamiche politiche in modi che gli americani non hanno ancora capito.
Le acrobazie mediatiche negli aeroporti di tutto il mondo, dal Pakistan all’Italia a Israele, progettate per segnare l’arrivo degli aiuti cinesi: maschere, camici chirurgici, test diagnostici e talvolta medici.
Tutti questi eventi hanno una sceneggiatura simile: l’aereo atterra; i dignitari della nazione ricevente escono per incontrarlo; emergono gli esperti cinesi, che sembrano competenti nelle loro attrezzature; e tutti pronunciano parole di gratitudine e di sollievo.
In realtà, poco importa se alcune delle attrezzature come aiuti sono state acquistate, non donate dalla Cina.
Poco importa se alcuni di questi, in particolare i test diagnostici, si sono rivelati difettosi.
Che importa se alcune Nazioni che ricevono questi beni «donati» sanno perfettamente che hanno come scopo quello di mettere a tacere da dove proviene il virus.
Poco o nulla importa se l’origine è stata inizialmente taciuta e come mai gli è stato permesso di diffondersi in tutto il mondo. Se, in queste circostanze, la propaganda “funziona”, è perché coloro che la ricevono hanno fatto un rapido calcolo: fingendo di credere che sia un modo di riconoscere e accettare il potere cinese e, forse, un modo di esprimere interesse per gli investimenti cinesi .
Nel mondo occidentale, questa dinamica si è manifestata con notevole successo qui in Italia.
Appiattiti dal virus e depressi dalle restrizioni, gli italiani sono profondamente divisi da anni di campagne cospirative sui social media, alcune con il sostegno estero, che hanno attaccato le tradizionali alleanze italiane, la NATO in primis.
La Cina ha aggiunto la sua campagna sui social media. I robot hanno promosso hashtag di amicizia cinese-italiana (#forzaCinaeItalia) e hashtag di ringraziamento-Cina (#grazieCina). Ma c’è anche un altro livello di attività meno visibile.
Un anno fa, l’Italia è diventata il principale membro europeo della Belt and Road Initiative, il progetto commerciale e infrastrutturale cinese progettato per creare collegamenti più profondi in Eurasia e per fornire un’alternativa ai patti commerciali transatlantici e del Pacifico annullati da Trump.
Anche il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, fino a poco tempo fa leader del movimento anti- UE a cinque stelle in Italia, ha coltivato legami con la Cina. Gli investimenti cinesi hanno acquisito importanza. Già un oligarca cinese ha acquistato la squadra di calcio dell’Inter; Le banche cinesi possiedono già grandi quote di società italiane come Eni e Fiat.
Grazie al caos economico creato dal coronavirus, gli sforzi della Cina a Roma possono ora dare i suoi frutti.
Uomini d’affari cinesi stanno incrementando proprio ora i loro contatti, cercando aziende e proprietà da acquistare, scovando fabbriche improvvisamente fallite e imprenditori che vogliono vendere.
Ora che Trump è diventato uno zimbello, ora che l’America è assente dal gioco, va richiamata l’attenzione sul fatto che il regime cinese sta guidando la corsa per colmarlo.
Il rischio di un mondo post-coronavirus a guida cinese è dietro l’angolo.