(AGENPARL) – Roma, 17 febbraio 2022 – Finora abbiamo assistito impotenti alla tirannia dello status quo, dove il cambiamento politico è pigro se non addirittura simulato ma soprattutto senza una opinione pubblica che lo spinga e lo smascheri.
L’Italia si deve liberare di una grossa palla al piede che finora ha rallentato – se non ostacolato – il suo sviluppo.
Questo intralcio si chiama statalismo, cioè la lunga mano pubblica che ha sempre recitato una parte molto importante anche in economia: stroncando ogni iniziativa privata, impedendo ai lavoratori più attivi e produttivi di godersi liberamente i frutti del loro lavoro, indirizzando le risorse pubbliche verso le ambizioni e clientele dei politici anziché quelle delle famiglie, dei consumatori e dei risparmiatori, favorendo pertanto i parassiti che vivono alle spalli della comunità.
Ovviamente gli statalisti sanno bene ingannare se stessi e gli altri con molta abilità, veri e propri professionisti dell’inganno.
Quante volte abbiamo sentito lamentarsi dell’eccessiva pressione fiscale, chiedendo la riduzione degli sprechi delle spese statali. La demagogia è parte integrante dello statalismo.
Gli statalisti promettono tutto a tutti (pur sapendo di mentire), trasformando lo Stato in una grande fiction dove tutti si sforzano di vivere a spese di tutti. Insomma il famoso slogan dei «pasti gratis» che era una frase di richiamo piuttosto comune, esposta all’entrata dei saloon americani durante la seconda metà dell’Ottocento. Con questa réclame, i proprietari dei locali attraevano i clienti, ai quali era richiesto di pagare per la sola bibita in cambio di un pranzo completo.
L’usanza cadde in disuso quando alcuni gestori furono citati per pubblicità ingannevole. L’imbroglio stava nella circostanza che le pietanze offerte erano molto salate, cosicché i clienti spesso ordinavano più bibite, spendendo una cifra che, di fatto, arrivava a coprire il costo dell’intero pranzo.
Questo slogan viene trasformato in «non esistono pasti gratis» da Milton Friedman, premio Nobel per l’economia nel 1976, diventando una delle frasi più celebri in economia, il quale la usò per indicare uno dei principi fondamentali dell’economia, quello del costo-opportunità.
Con questa massima Friedman vuol dire che qualsiasi azione che abbia una valenza economica ha un costo che prima o poi qualcuno dovrà pagare.
Secondo l’economista, ciò che può essere gratuito per un individuo, in realtà nasconde sempre un costo.
Come è noto gli USA sono un Paese prevalentemente libero, tuttavia secondo le parole del famoso discorso ella Casa divisa di Abraham Lincoln «una casa divisa contro se stessa non può reggere […] Io non mi aspetto che cada, ma mi aspetto che cessi di essere divisa, che diventi una cosa o l’altra». E’ chiaro il riferimento alla schiavitù ma le sue parole profetiche si possono applicare anche all’intervento dello Stato nell’economia.
Tutti risentiamo dello status quo.
Una buona parte essenziale della libertà economica è costituita proprio dalla libertà di scegliere come utilizzare il nostro reddito.
Attualmente più del 40 per cento del reddito personale è amministrato per conto dei cittadini dallo Stato.
Tralascio le scelte discutibili sulla gestione poco lungimirante di come sono spesi i soldi dei contribuenti che meriterebbero non un libro ma una intera enciclopedia. Soldi dei contribuenti gettati dalla finestra.
Ma veniamo al dunque.
Un americano propose una nuova festa nazionale il «Giorno dell’Indipendenza Personale», cioè il giorno dell’anno in cui smettiamo di lavorare per pagare le spese dello Stato e cominciamo a lavorare per pagare quelle cose che scegliamo individualmente e per proprio conto, alla luce delle nostre esigenze e dei nostri desideri».
Nel 1929 quella «festa» sarebbe caduta il 12 febbraio, giorno della nascita di Lincoln, nel 1988 sarebbe caduta il 4 luglio, Giorno dell’Indipendenza.
Sarebbe interessante, alla luce delle attuali tendenze, conoscere l’esatto Giorno dell’Indipendenza Personale in Italia.
Cito a caso due date:
La prima è quella dell’8 agosto, Giornata nazionale del Sacrificio del lavoro italiano nel mondo.
La seconda è quella del 4 novembre, Festa dell’Unità nazionale.
Suggerisco una vecchio proverbio latino «Rem tene, verba sequentur» , cioè comprendi la cosa, seguiranno le parole.
Si accettano riflessioni e nuove date.