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Editoriale: La deindustrializzazione è il vero problema economico, strategico, geopolitico e sociale che dovremo affrontare

[lid] Il Regno Unito è destinato a diventare l’unico paese del G20 senza la capacità di produrre acciaio da materie prime poiché il suo stabilimento più grande diventa “verde” e si prevede che nel processo taglierà quasi 3.000 posti di lavoro.

“Vogliono produrre il loro acciaio a Jamshedpur [India]… trasportarlo per migliaia di miglia attraverso l’oceano su navi con motori diesel, e chiamarlo verde. È ora che le persone siano oneste”, ha detto Gary Keogh, vicepresidente del multisindacato di Port Talbot.

A questa analisi ha fatto eco il presidente di The Spectator ed ex presentatore della BBC Andrew Neil, che ha scritto sul Daily Mail : “L’ironia è che decimare la nostra industria pesante, in realtà, non riduce le emissioni globali di CO2. Si stima che la conversione di Port Talbot verso una produzione più ecologica di arco elettrico ridurrà le nostre emissioni di CO2 dell’1,5%.

A questo punto cosa significa deindustrializzare? Significa innanzitutto che il territorio è abbandonato. Si perde la fiducia nei confronti dello Stato. Non c’è un futuro lavorativo per i nostri figli che sono costretti ad emigrare in cerca di un posto di lavoro dignitoso.

Possibile che tutti sono unanimi nel sostenere Net Zero, qualunque sia il costo in termini di posti di lavoro persi, prosperità, sicurezza energetica o crescita economica?

Quale è la causa della deindustrializzazione? Sicuramente in passato non si è riuscito a tutelare gli interessi nazionali e conseguentemente i posti di lavoro, cioè non si è tutelato i lavoratori.

Nikolas Stihl, il capo dell’azienda produttrice di motoseghe Stihl, ha riferito che la Germania è sull’orlo della deindustrializzazione poiché i costi in aumento – spinti dalla crisi energetica – e altri fattori stanno colpendo gli imprenditori.

Il pericolo della deindustrializzazione non può essere ignorato e molti industriali come Stihl si lamentano della burocrazia.

Evidentemente non conosce la burocrazia italiana che per rimborsare 200 euro, (leggasi duecento euro) ci vogliono sei mesi. E parlo di fondi per l’emergenza per pagare le bollette energetiche durante il periodo Covid.

La Politica finora si è dimostrata incapace di avere la meglio sull’economia e sulla finanza, rimanendo impantanata nel processo di rigenerazione delle aree deindustrializzate.

In poche parole un Paese lentocratico.

Ma questa è già storia, una lunga storia di lentezze burocratiche, battute di arresto e di continui stop and go.

Ormai è da anni che è iniziato un processo di cambiamento economico e sociale che avviene progressivamente in Italia e comporta una riduzione del peso delle produzioni industriali, a favore della crescita del settore terziario.

Abbiamo capito e ci stiamo muovendo nella giusta direzione?

Abbiamo una visione pratica per la soluzione dei problemi legati alla deindustrializzazione?

Abbiamo analisi strategiche sulle opportunità ed analisi sui rischi unitamente a studi di fattibilità per poter risolvere la questione?

Al momento non vedo soluzioni. Vedo solo uno stallo continuo, un continuo a galleggiare.

Nonostante tutto questo, continuo ad essere ottimista in attesa che arrivi un cambio di passo vero e concreto. Vedremo se arriverà e se questo porterà ad un percorso strutturato di pianificazioneprevenzionemitigazione e sviluppo per evitare l’incombente deindustrializzazione.

Le aree deindustrializzate in Italia quando verranno recuperate? Quando saranno riqualificate le aree dismesse? Insomma nel Bel Paese non rimandiamo mai a domani ciò che può essere fatto dopodomani….

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