(AGENPARL) – gio 16 novembre 2023 Nota di Paparelli e Meloni (Pd): “Un piano che non dà certezze in merito
alle tempistiche e neppure rispetto ai dati che ne avrebbero dovuto
costituire i presupposti”
(Acs) Perugia, 16 novembre 2023 – “Ci sono almeno cinque buone ragioni per
ribadire un secco ‘No’, al Piano regionale dei rifiuti, così come è
stato approvato martedì scorso da una maggioranza che è apparsa stranamente
silente e visibilmente imbarazzata. E come darle torto, visto che è stata
chiamata a ratificare un atto che, in fondo, non convince nessuno”, è
quanto scrivono in una nota i consiglieri del Partito democratico, Fabio
Paparelli e Simona Meloni.
Secondo i due esponenti Dem, “il Piano che non dà certezze in merito alle
tempistiche e neppure rispetto ai dati che ne avrebbero dovuto costituire i
presupposti. Da parte nostra non c’è stato alcun approccio ideologico. Il
voto contrario che abbiamo espresso in Assemblea legislativa è sostanziato
da fatti e atti concreti, tanto più, preso atto della totale chiusura della
Giunta regionale rispetto agli elementi migliorativi che avevamo più volte
proposto durante l’iter procedurale anche attraverso emendamenti condivisi
presentati in Commissione”.
“La prima motivazione che ci ha mosso a esprimerci in tal senso –
spiegano Paparelli e Meloni – è la più semplice, quasi scontata: questo
Piano propone una tempistica attuativa inconciliabile con la durata delle
discariche e prevede dei costi di realizzazione del termovalorizzatore del
tutto fuori mercato, sottostimati per decine di milioni di euro. In secondo
luogo – aggiungono – si opta per un termovalorizzatore sovradimensionato,
da 160mila tonnellate di rifiuti. Ciò significa rinunciare a puntare davvero
sulla raccolta differenziata e vanificare i risultati fino ad oggi raggiunti.
Se in Umbria la media del riciclo fosse al di sopra del 75 per cento –
osservano – sarebbe del tutto inutile dotarsi di un termovalorizzatore delle
dimensioni previste: non avrebbe senso e sarebbe antieconomico”.
“Evidentemente – continuano – la Presidente Tesei non ha preso a modello
i tanti comuni umbri virtuosi su questo versante, ma, probabilmente, i dati
assai più modesti di Montefalco, di cui lei stessa è stata sindaco, oppure
quelli di Scheggino, amministrato fino a pochi anni fa dall’attuale
assessore regionale Paola Agabiti. In questi anni, entrambe le
Amministrazioni, hanno fatto registrare delle performance imbarazzanti: nel
primo la differenziata si attesta sotto il 40 per cento, nel secondo
addirittura sotto al 20 per cento. È del tutto evidente che, una parte
significativa della Giunta regionale, ha già dimostrato nei fatti di non
credere alla raccolta differenziata e punta a bruciare i rifiuti. E così
purtroppo accadrà – avvertono Paparelli e Meloni -, in barba ai parametri
europei, dato che si dovranno assicurare almeno 160 mila tonnellate di
rifiuti disponibili affinché l’investimento del nuovo termovalorizzatore
si renda sostenibile”.
“Questa scelta così sovrastimata – scrivono – viene adottata nonostante
una tendenza demografica ed economica, umbra e nazionale, che determinerà
una fisiologica diminuzione della produzione di rifiuti da qui a cinque anni.
La Direttiva UE 2019/904 sulla plastica monouso e gli obiettivi di recupero
di materia del 65 per cento contenuti nel pacchetto economia circolare del
Green Deal, insieme ad altre misure di contenimento adottate dalle imprese
sulla riduzione del packaging, faranno calare sensibilmente la produzione di
rifiuti. E se così sarà, per alimentare l’impianto e tenerlo in
equilibrio economico, non resterà che diminuire la raccolta differenziata,
provare ad attrarre rifiuti da fuori regione o aumentare a dismisura i costi
per i cittadini. Abbiamo detto no – spiegano -, anche per la mancanza di un
piano di gestione della fase transitoria che dovrebbe concludersi, da qui a 4
anni, stando a quanto asserito dalla Giunta regionale. Da qui a 7 anni,
secondo le nostre migliori stime, per la messa in funzione
dell’inceneritore. L’unica scelta che è stata compiuta, a tale riguardo,
è quella di ampliare le discariche prima di arrivare alla loro chiusura nel
2028. Ma se i tempi di realizzazione del nuovo impianto non fossero
rispettati? In che modo gestiremo i rifiuti? Continueremo a prorogare
l’ampliamento delle discariche – si domandano – o, piuttosto, li andremo
a bruciare sugli impianti già esistenti, magari a Terni? Il rischio che ciò
accada è del tutto plausibile, considerando che i tempi per la presentazione
dei progetti e per l’approvazione dell’Auri non sono stati stabiliti come
perentori e, per giunta, ci sono di mezzo diverse tornate elettorali”.
“Riteniamo altamente improbabile – continuano Paparelli e Meloni – che la
fase autorizzatoria si risolva nell’arco dei quattro mesi previsti dal
piano, dato che è altamente improbabile che i Comuni decidano la
localizzazione del nuovo impianto a ridosso delle elezioni amministrative di
giugno prossimo. Chi si caricherà su di sé la responsabilità di
autorizzare un impianto di incenerimento di rifiuti, nel proprio comune, a
pochi mesi dalle elezioni? E poi, ricordiamo, che ad ottobre seguiranno le
elezioni regionali. Siamo certi che non la decisione non verrà procrastinata
almeno fino a quella data? Le piroette come quelle del Sindaco di Todi
Ruggiano dovrebbero far riflettere. Ma se così andrà – avvertono -, la
tabella di marcia subirebbe un ritardo di almeno un anno, senza considerare
altri intoppi. Il terzo elemento fortemente critico – aggiungono – è dato
dal fatto che il nuovo Piano attribuisce, ai soggetti privati, interessati
alla realizzazione dell’impianto di termovalorizzazione, la possibilità di
individuare, loro per primi, il sito in cui andare a realizzare l’opera,
purché risulti all’interno delle aree potenzialmente idonee, stabilite
dalla Regione, attraverso un processo che è apparso tutt’altro che chiaro
e trasparente. In tal senso, il caso dell’area della ex centrale Enel di
Pietrafitta risulta emblematico. Quel territorio, pur essendo stato escluso,
in prima battuta, sia per le questioni legate al progetto sull’idrogeno (di
cui cui abbiamo perso le tracce) che per quelle di natura ambientale, la
Valnestore è stata reinserita tra le zone che potrebbero veder accogliere un
impianto di questa natura. Anche lo scaricabarile compiuto dalla Regione a
danno dei Comuni facenti parte dell’Auri, sul tema della responsabilità
rispetto alla localizzazione dell’impianto, è stato un ulteriore fattore che
ci ha indotto a non votare sì a questo piano”.
“Inoltre – osservano Paparelli e Meloni – la Presidente della Regione,
Donatella Tesei, ha dichiarato che il Piano approvato è stato supportato da
uno studio scientifico di prim’ordine che ne legittimerebbe la fattibilità.
Si dà il caso che il team capitanato dal professor Manciola, rispetto alle
tre ipotesi che sono state messe al vaglio, abbia giudicato la prima opzione,
ovvero quella della realizzazione di un impianto di termovalorizzazione di
tale portata, quella meno convincente”.
“L’ultimo motivo di contrarietà – spiegano – deriva dal fatto che la
strategia regionale adottata tradisce l’obiettivo più volte rilanciato
dalle forze economiche e sociali e, di recente, anche dal presidente di
Confindustria, ovvero rendere l’Umbria, entro dieci anni, attrattiva per
chi vuole investire in sostenibilità e in innovazione. Il piano non tiene in
considerazione tutto questo e tanto che sono assenti politiche volte ad
incentivare il recupero e il riutilizzo delle materie”.
“L’Umbria – aggiungono i due consiglieri Dem – avrebbe avuto maggiori
possibilità di ovviare alle scelte compiute investendo proprio in
sostenibilità ambientale, economica e sociale. L’Umbria, cuore verde, non
è una metropoli come Roma, che ha una differenziata al 40 per cento e, per
questo, non può più rimandare la strada della termovalorizzazione. Non è,
per estensione e numero di abitanti, neppure la regione Lombardia o
l’Emilia Romagna. Altre strade potevano essere percorse, anche tenendo in
considerazione l’ipotesi di utilizzo di impianti delle regioni a noi
vicine. Rispetto a questa ipotesi – concludono -, la Giunta regionale non
ha avviato neppure la minima discussione, disconoscendo perfino se stessa e i
tanti annunci tesi a rilanciare l’idea di aprirsi a collaborazioni
interregionali che rimangano sistematicamente lettera morta”. RED/
link alla notizia: http://www.consiglio.regione.umbria.it/node/76168
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