[lid] – Fin dall’inizio è stata fatta una martellante campagna di stampa contro il sottoscritto, orientando in questo modo l’opinione pubblica locale attraverso alcuni giornalisti che pur lavorando per il Giornale dell’Umbria – e percependo lo stipendio – hanno sistematicamente remato contro.
E’ impressionante ed inspiegabile il trionfo della mancanza di intelligenza, di ragionamento, di logica, di andare oltre i pregiudizi di assenza di riferimenti dovuti all’incultura e all’ignoranza anche giuridica, incapacità di giudicare, di riflettere, di valutare una situazione e le sue conseguenze, per dirla in due parole: stupideria acuta.
Veniamo ai fatti. In questa ‘brutta’ vicenda, come è stata definita dagli stessi giornalisti del Giornale dell’Umbria, va detto a chiare lettere che la storia non è come è stata descritta ed ampiamente riportata dalla stampa locale.
A partire dal fatto che nessun giornalista si è mai degnato di contattarmi per chiedere delucidazioni sui comunicati stampa diramati in quantità industriale prendendo per oro colato tutto ciò che veniva inviato dal Comitato di redazione.
Era chiaro che in questa situazione che mi ha visto protagonista, l’unica strada percorribile era di ascoltare senza mai replicare visto che c’era poco da rispondere secondo la massima di Catone il Censore: «non perdere tempo a discutere con gli sciocchi e i chiacchieroni: la parola ce l’hanno tutti, il buonsenso solo pochi».
E la realtà dei fatti era molto diversa dalle parole.
A partire dalla ‘pecetta’ che fin dall’inizio mi era stata incollata, come il «presunto direttore», per delegittimare la mia attività professionale e facendomi passare come il capro espiatorio del «quadro nero» e cioè addossandomi le responsabilità della chiusura del Giornale dell’Umbria, mentre andavano ricercate altrove.
Da notare che il Comitato di Redazione ha sistematicamente reso note vicende ‘interne’, per non parlare dei comunicati stampa atti a giustificare scioperi ad oltranza mettendo così in cattiva luce l’operato di Camilloni e dei manager dell’azienda.
A titolo puramente esemplificativo va citato il sito online PerugiaToday che il 17 dicembre 2015 pubblicava un articolo dal titolo «Giornale dell’Umbria, altri due giorni di sciopero: «Stipendi non pagati. Giornalisti e poligrafici chiedono attenzione e vicinanza da parte delle istituzioni locali, del mondo dell’impresa regionale per non far morire il Giornale. Ecco cosa accade».
«La lenta agonia del Giornale dell’Umbria, dopo l’addio della famiglia Colajacovo e la vendita ad un sodalizio romano, sembra ormai inarrestabile. Ora, come denunciato dal Cdr, non arrivano neanche i soldi degli stipendi: “Ad oggi, superando le consuete scadenze, non sono pervenuti né gli stipendi di novembre né le tredicesime maturate, mentre si fa sempre più concreto il rischio di non percepire neppure le retribuzioni di dicembre il prossimo mese di gennaio”».
«Il prossimo passo si teme, se non ci sarà la ricapitalizzazione, il blocco della stampa e la vendita delle copie solo tramite edicola digitale. Per questa situazione il Comitato di redazione ha proclamato due giorni di sciopero (oggi e domani). “Si resta in attesa – si legge nella nota – di una iniziativa pubblica di sottoscrizione di capitali a favore dell’azienda (fino a 10 milioni di euro) che l’editore ha convocato per il 18 dicembre in un prestigioso hotel perugino, a fronte della quale, ad oggi, non risultano pervenute alcune sottoscrizioni. Si ricorda che l’editore in una recente, formale riunione ha dichiarato espressamente che, anche in mancanza di sottoscrizioni esterne, lui stesso avrebbe provveduto alla onerosa ricapitalizzazione!”».
«Giornalisti e poligrafici chiedono attenzione e vicinanza da parte delle istituzioni locali, del mondo dell’impresa regionale e delle sue associazioni di rappresentanza, di tutte le forze politiche e sociali e dei cittadini umbri che “hanno a cuore la pluralità delle voci informative di questa regione e la sopravvivenza di un giornale che non merita di morire».
Da notare la ‘coincidenza’ del comunicato stampa del Comitato di redazione che viene diramato il giorno prima della convocazione dell’iniziativa pubblica di sottoscrizione di capitali a favore dell’azienda proprietaria del giornale dell’Umbria.
In più il Cdr in quell’occasione proclama altri due giorni di sciopero.
Per dirla come Leonardo Sciascia «io credo che le sole cose sicure in questo mondo siano le coincidenze».
Altra considerazione è quella dove l’unione fa lo sciopero e a volte la fa anche in modo preventivo.
Più in particolare la stagione che ha visto Camilloni a Perugia è stata il paradiso delle giornate di sciopero (30 giorni), raggiungendo il punto di massimo con il 4 dicembre 2015 con la sfiducia del corpo redazionale.
Con il senno di poi, non oso pensare che ci sia stato un piccolo Cesare con il supporto di alcuni vassalli ad organizzare, dietro le quinte, una regia atta a far implodere dall’interno il Giornale dell’Umbria. E questo grazie anche all’ausilio dei vari valvassori e valvassini che hanno fatto da cornice ad una corte dei miracoli che era altrove.
Un canovaccio ben programmato dall’esterno la cui durata era già scritta fin dall’inizio: scioperi, comunicati stampa, timone irricevibile e resistenza operativa per poi avviarsi verso l’inesorabile chiusura del Giornale dell’Umbria.
L’aspetto positivo di questa triste vicenda è che ho conosciuto degli ottimi giornalisti che fin dall’inizio avevano capito la mia volontà che era semplicemente quella di rilanciare il Giornale dell’Umbria e non quella di dargli l’estrema unzione.
Infatti, grazie all’ausilio dei pochi giornalisti che ero riuscito a rilanciare il Giornale dell’Umbria anche se con molta fatica e nonostante la forte resistenza degli altri che non ne volevano sapere e stavano di fatto remando contro di me e perorando l’uscita del Nuovo Corriere Nazionale.
Devo ringraziare i giornalisti Francesco Castellini, Lucia Pippi e Francesca Bene che mi sono sempre stati accanto anche nelle giornate di sciopero indette dal Comitato di redazione, dissociandosi apertamente dall’operato del resto del corpo redazionale che ormai aveva imboccato una strada senza ritorno che avrebbe poi portato alla chiusura del Giornale dell’Umbria.
Oltre al coraggio manifestato dai tre giornalisti professionisti, devo ringraziare alcuni collaboratori (e collaboratrici) esterni che avevano avuto fiducia in me, incoraggiandomi a proseguire, anche se «alea iacta est», il dado ormai era tratto e non si poteva tornare indietro.
Come si suol dire «electa una via, non datur recursus ad alteram» e cioè «scelta una via non è consentito fare ricorso ad un’altra».
A distanza di alcuni anni e con il senno di poi ho avuto sempre il dubbio che i tre giornalisti e i collaboratori esterni avevano intuito che dietro le motivazioni degli scioperi si celava ben altro.
Probabilmente il rilancio del Giornale dell’Umbria con un taglio nazionale avrebbe potuto dare fastidio al programma del piccolo Cesare e ai vari vassalli ben supportati nella loro strategia dalla corte dei miracoli.
Il quadro mi era apparso chiaro fin dall’inizio, da quando sono arrivato a Perugia, trovando un ambiente ostile, poco motivato e molto scettico sulla nuova linea editoriale proposta basata su un taglio nazionale e quindi di ampio respiro, un nuovo corso che non poteva non incontrare resistenze.
Già lo spostamento della Politica dalle ultime alle prime pagine aveva fatto storcere il naso a più di qualche giornalista.
Da quel momento avevo già intuito che alcuni non erano buoni a nulla, ma al contrario sarebbero stati capaci di tutto. Anche quello di trascinare l’intera redazione verso l’ammutinamento operativo e quindi la chiusura del Giornale dell’Umbria.
Vorrei ricordare che non ho mai imposto a nessuno né di rimanere né di continuare a scrivere.
Ognuno era libero di andarsene quando voleva, secondo la clausola di coscienza secondo la quale chi non condivideva il nuovo corso intrapreso da Camilloni poteva fare i bagagli ed andarsene.
Oggi col seno di poi devo ammettere che mi ero solamente illuso.
Figuriamoci, non aveva dato le dimissioni neanche Giuseppe Castellini che, pur essendo rimosso dalla carica direttore e trasferito al ruolo di direttore della testata giornalistica Umbria Sport, ha percepito regolarmente l’intero stipendio dal 28 agosto 2015 fino al 31 gennaio 2016, cioè fino alla chiusura del Giornale dell’Umbria, senza mai prestare la sua opera professionale.
Anzi, nello stesso periodo Castellini chiedeva soccombendo il reintegro in servizio nello stesso ruolo mentre stava svolgendo attività parallele finalizzate all’editazione del Nuovo Corriere Nazionale.
Da quel comportamento ho dedotto alcune cose, ma soprattutto ho fatto tesoro della massima latina «ab uno disce omnis», cioè «da uno capisci come sono tutti».
Come non si può dare ragione a Rino Formica con la celebre frase «il convento è povero ma i monaci sono ricchi».
La vicenda della chiusura del Giornale dell’Umbria merita un’ultima riflessione.
È da qualche anno che nutro particolare interesse per il pensiero cinese e quindi capita di leggere ed approfondire alcune dinastie molto potenti.
Mi torna in mente la storia del principe Liu An, nipote dell’imperatore Gaozu, fondatore della dinastia stessa, primogenitor di quattro fratelli la cui posizione familiare e politica lo destinava ad una carriera di prestigio.
Liu An (179 a.C.- 122 a.C) è stato uno scrittore, geografo e consigliere cinese vissuto sotto la dinastia Han (206-220 a.C.), divenne sovrano del principato di Huainan all’età di 16 anni.
Si circondò di intellettuali i quali lo istruirono sulle svariate discipline, dall’arte del governo, all’occultismo. Alla sua corte c’erano taoisti, confuciani ed esponenti della Scuola della Legge, adepti della scuola yin/yang, e naturalisti.
Ad un certo punto della sua vita, il principe Liu An comincia a coltivare il proposito di diventare Imperatore della Cina. Inizia così a sfidare l’imperatore Wu il principale esponente della dinastia Han provocandolo e lasciando intendere i suoi obiettivi.
Verrà punito, ma il sogno di potere non svanisce e così si mette a capo dei principi e dei vari signorotti insoddisfatti.
Ovviamente le cose precipitano e di fronte alla debacle imminente con l’imperatore che ha già scoperto tutto, Liu An si taglia la gola.
In questo modo pone fine ad un’esistenza vissuta più nelle fantasie di gloria che nella realtà.
Per dovere di narrazione, la leggenda narra che Liu An fosse sfuggito ai suoi persecutori e abbia fatto tesoro delle dottrine taoiste sull’immortalità, quindi abbia evitato l’onta del suicidio e sia asceso al cielo come i saggi, accompagnato dagli stridii delle sue oche e dall’abbaiare dei suoi cani. Animali che inavvertitamente avevano assaporato alcune gocce del filtro dell’immortalità[1].
Ora partendo sempre dalla massima latina «castigat ridendo mores», cioè «correggi i costumi col ridere» la prima riflessione è che ci troviamo di fronte a due situazioni molto diverse, due livelli culturali molto diversi, distinti e distanti tra loro.
Il minimo comune denominatore è che pur appartenendo Liu An ad un livello superiore cade nelle fantasie velleitarie di gloria e di successo che poi si afflosciano rapidamente scontrandosi con la triste realtà locale.
Accade, quindi, che anche i migliori sognino momenti di gloria che poi si infrangono contro un misero scoglietto, segno evidente di una incapacità operativa a capire i propri limiti.
Ovviamente quando cito la parola scoglietto non mi riferisco allo Scoglietto di Portoferraio che è l’isola minore dell’arcipelago toscano.
La verità è che oltre 3000 copie mensili del Giornale dell’Umbria venivano acquistate dalla società Centro Italia Pubblicità srl con sede in via Monteneri,37 a Perugia e questa situazione è durata da gennaio a settembre 2015.
Ad ottobre del 2015, si è cominciato ad avere l’esatta ‘presenza’ del quotidiano umbro nelle edicole, visto che i nuovi vertici di Geu avevano preso provvedimenti dragoniani, azzerando questa situazione.
Una presenza vera che è andata ad aumentare progressivamente, grazie ad un prodotto valido che stava riscuotendo successo tra il pubblico dei lettori.
Desta meraviglia che tale aspetto non è stata evidenziata in nessuno dei molteplici comunicati stampa diramati del Comitato di Redazione. Eppure questo lato della ‘forza oscura’ sarebbe dovuto emergere prepotentemente, visto che si erano presentati come uomini probi e di alta moralità e quindi avrebbero dovuto portarlo alla luce del sole questa situazione a dir poco ‘incresciosa’.
Se avessero fatto tesoro della frase celebre di Sun Tzu «se conosci il nemico e te stesso, la tua vittoria è sicura. Se conosci te stesso ma non il nemico, le tue probabilità di vincere e perdere sono uguali. Se non conosci il nemico e nemmeno te stesso, soccomberai in ogni battaglia» avrebbero evitato tutte queste brutte figuracce.
[1] Liu An, L’arte del governo a cura di Leonardo Vittorio Arena, Bur, 2014, pag. 6 e 7.