(AGENPARL) – Roma, 14 maggio 2020 – Ho ricevuto una lettera da una professoressa di Italiano che ha chiesto espressamente di non essere nominata. La vorrei condividere con tutti voi perché merita di essere letta, proprio per la carica di umanità e di passione che si percepisce. Una lettera aperta indirizzata agli studenti e al Governo, in un momento difficile, dove le scuole chiuse e il Paese è alle prese con il Coronavirus. La passione di una insegnante che non si arrende nonostante i muri di gomma.
«È doveroso fare riferimento agli alunni, pensando all’istruzione e non alla scuola del “do-mai” perché, senza la loro presenza, la scuola non può esistere.
Non mi interessa scomodare gli illustri pedagoghi del passato; non voglio richiamare dall’oblio Socrate, il “non maestro”, il quale non ha mai pensato di sedare tutti quelli che lo hanno incontrato, nonostante fosse un raffinato bevitore di cicuta. Anzi, ha consentito che a lui si avvicinassero tutti quei giovani che la notte l’avevano trascorsa svegli semplicemente per pensare, per tentare di dare una risposta a quella che era ormai diventata una loro sfida quotidiana: rispondere al suo saluto di Benvenuto «Sei venuto da Bene o hai portato Bene?».
Si riparta da qui: dai punti interrogativi (si bandisca il punto fermo), dai dubbi, dall’immaginazione senza fili, con i quali ciascun alunno possa costruire la propria rete da pésca (cominciamo ad assegnare pure alle parole gli accenti corretti!).
Si facciano salpare gli alunni da un porto a loro noto, per farli approdare dove li potranno guidare le loro conoscenze, quelle maturate giorno dopo giorno dal sudore di un lungo lavorìo, necessario se vogliono mettere in opera il loro progetto straordinario. Confessiamo apertamente a loro, senza timore, che esiste, infatti, un progetto straordinario. Sì! Allora facciamoli sedere accanto all’Ortografia, suggeriamo loro di passeggiare con la Grammatica, invitiamo a colazione la Sintassi: certamente staremo anche tutti noi attenti a non parlare con il boccone tra i denti!
Quindi, siamo cauti! Cauti nei confronti delle belle parole della “scienza della scuola”, quelle inutili lasciate crude nei forni spenti, perché avranno sapore solo se daremo loro Vita, se vogliamo che diventino carne ed emozioni!
Questo potrà avvenire esclusivamente attraverso i contenuti, ampi contenuti, non attraverso la cesoia che sfronda e tagliuzza le idee ancor prima che prendano forma dentro le menti degli alunni. La Passione è sofferenza: diciamolo chiaramente! L’alunno va nutrito, come racconta l’etimologia del verbo: “nutrire”. E lo sappiamo tutti che i giovani hanno un ottimo appetito!
Lo Studio è attesa di un avvenire che un filo ha teso tra la ricchezza delle discipline ed il sudore dell’officina mentale. Il sapere va smantellato; si deve scoperchiare la crosta e lasciare che ogni alunno rimanga a bocca aperta come il Ciàula pirandelliano.
Certo. È piacevole e comodo maneggiare kits forniti di ogni necessità, purché contengano anche piccone e chiodi, per far scavare e poi appendere davanti agli occhi degli alunni, piccoli o grandi tesori appena scoperti.
“So di non sapere”: sia questo il nostro ritornello salvamoda.
Il segreto della conoscenza è tutto qui: in una piccola noce che veleggia grazie ad una bandiera di carta leggera incollata ad uno stuzzicadenti. Stuzzichiamo! Saccheggiamo dalle letture dei Grandi! Nel frattempo potremmo anche intonare a gran voce: “Va’ pensiero!”. Il Pensiero volerà solo se insegneremo tutta la partitura e non soltanto il ritornello, magari addirittura appena sussurrato! Come scrive Dante è L’amor che move il sole e l’altre stelle (Pd, XXXIII, 145)».